Percorso narrativo Cornici come recinti. Arte nel paesaggio toscano

Presentazione
Rudolf Arnheim nel libro Arte e percezione visiva (1954) descrive la funzione della cornice fin dal Rinascimento, “man mano che lo spazio pittorico si emancipava e creava profonde vedute, si rese necessaria una chiara distinzione visuale tra lo spazio fisico dell’ambiente circostante e il mondo del dipinto. Tale mondo venne ad essere concepito come ‘infinito’, anche lateralmente così i confini del dipinto designarono la fine della composizione ma non quella dello spazio” percepito e immaginato. “Così la cornice venne concepita come una finestra da dove spiare il mondo […] attraverso la quale guardare un non limitato in se stesso”. Per queste stesse ragioni le avanguardie la posero in discussione, eliminandola o, come fecero i futuristi, inglobandola nella superficie dipinta. Boccioni la risucchiava persino dentro i complessi plastici scultorei insieme ad altri oggetti extrapittorici con l’intenzione di giustificare la continuità fra spazio e opera. «Proclamiamo l’assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa – scriveva nel Manifesto della scultura – Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l’ambiente».
Senza ancora averne chiara la portata, si ponevano le basi per la “scultura d’ambiente”. Se quindi la Cornice continua a prestarsi come congegno narrativo, come dispositivo di visuale entro e fuori di sé, quale diaframma di percezione del panorama, si pensi alla cornice/valigia Partir (2011) di Jean-Michel Folon che inquadra il noto centro storico fiorentino dal Giardino delle Rose, a cominciare dalle avanguardie si genera una prima frattura nella percezione lineare a cui seguirà una seconda nel dopoguerra o meglio dagli anni Settanta del Novecento.
Le possibilità espressive della cornice dunque si potenziano rispetto al mero ruolo di contenimento divisivo, può acquisire un ruolo attivo e critico diventare in scala ambientale anche un recinto. Scriverà Rosalind Krauss: “soltanto guardando l’altro spazio, che ci formiamo un’immagine di quello in cui noi stiamo” (Passaggi. Storia della Scultura da Rodin alla Land Art, Bruno Mondadori, Milano 1998, p.290); uno spazio che sostituisce quello della rappresentazione, nel caso delle opere outdoors paesaggio integrato nell’opera ambientale, attraversata ed esperita dall’osservatore. Sono gli anni Settanta a segnare una nuova e definitiva rivoluzione quando l’opera d’arte uscita dallo spazio espositivo guadagna gli spazi pubblici, l’ambiente e il paesaggio, e non solo la land art americana che, per l’inaccessibilità delle sue manifestazioni, torna nei fatti a manifestarsi attraverso l’immagine di documentazione ma in specie l’arte ambientale e quella dei parchi, opere site-specific integrate alla natura, nelle quali il tema della cornice o del recinto presenta varie declinazioni in Toscana. Superata l’immagine illusoria entro la cornice, può presentarsi come traccia nel paesaggio e quindi strumento di attivazione percettiva e non solo visiva, come attivatore di una azione spazio-temporale.
Proponiamo quattro possibili interpretazioni della cornice nel paesaggio toscano: come finestra sul paesaggio; come varco di immersione; come strumento visivo spazio-temporale; infine come recinto. Quindi il dispositivo del bordo/cornice può essere integrato nell’esperienza estetica come nel caso esemplare di Sulle vigne: punti di vista (2001) opera di Daniel Buren perla collezione del Castello di Ama, nel Chianti senese, oppure i segni ambientali di Mauro Staccioli, tracce-cornici che determinano un arricchimento di percezione “frutto della presenza e del movimento del corpo stesso dell’artista [e in seguito di chi fruisce l’opera] all’interno di un ambiente naturale” (P.D’Angelo, Filosofia del paesaggio, Quodlibet, Macerata 2010 p.91). La cornice rappresenta quindi dispositivo di percezione attiva dello spazio e delle direzioni di sguardo.
A cura di Anna Mazzanti con Claudia Gennari e Duccio Nobili
In copertina: Venturino Venturi, La Piazzetta dei mosaici. Particolare con Il serpente, La fatina, La lumaca. 1954-1956