Il Progetto Ville e Giardini medicei
Fra le infinite ricchezze paesistiche, monumentali e artistiche della Toscana, l’insieme delle Ville medicee forma un nucleo specialmente particolare. Forse nessuna famiglia nella storia d’Europa prima delle rivoluzioni degli ultimi due secoli è riuscita a organizzare come i Medici una rete così nutrita, diramata e variegata di siti di splendida villeggiatura e di magnifica autorappresentazione, ma anche di accorta gestione economica e di controllo politico del territorio. In Italia e altrove non sono ovviamente mancati fenomeni analoghi, come i castelli e le ville dei Gonzaga nel loro Stato padano o quelli dei Farnese nella Tuscia, le residenze dei Savoia in Piemonte e nelle aree limitrofe da loro governate, quelle dei papi a Roma e dintorni, o le regge dei Borboni a Napoli e in Campania. Tali confronti finiscono nondimeno per mettere in risalto quanto il caso mediceo sia stato eccezionale, soprattutto per la sua estensione geografica, per la precocità del suo manifestarsi, per la sua durata nell’arco di tre secoli interi, e per il numero di esponenti della dinastia che vi presero parte attiva.
Al fattore della precocità si accompagna quello dell’audacia e della lungimiranza. Quando nel Quattrocento, attraverso progetti come il Trebbio, Cafaggiolo, Careggi, Fiesole, Castello, Poggio a Caiano o Spedaletto, i Medici lanciarono quella sfida che avrebbe generato nel tempo un vero e proprio sistema di dominio discreto ma saldo sulle campagne dello Stato fiorentino, essi erano ancora, almeno formalmente, privati cittadini. Programmare un simile piano di conquista materiale e soprattutto simbolica del suburbio di Firenze e del contado della Repubblica non solo comportava un’ingente esposizione finanziaria, ma soprattutto implicava, attraverso un’intraprendenza patrimoniale legalmente incontestabile, ambizioni inequivocabili di governo. Fu tale strategia, così come quella dei tantissimi edifici privati e pubblici realizzati a Firenze (palazzi e cappelle, chiese, conventi e monasteri per il clero secolare e per i più diversi ordini religiosi), che valse ai Medici, sullo stesso piano delle trame politiche, l’ascesa graduale al principato, definitivamente ottenuto nel 1532 e durato poi per oltre due secoli. Come per vari altri aspetti della loro committenza e del loro mecenatismo, i Medici, attestati in larga parte dell’Europa del Quattrocento attraverso le molte succursali della loro banca, seppero mettere abilmente a frutto i modelli di vita e di comportamento che nei paesi del Nord spettavano solo alle case regnanti: nel secondo decennio del secolo, le pagine iniziali delle celebri Très Riches Heures du Duc de Berry (Chantilly, Musée Condé), ovvero il libro d’ore sontuosamente miniato per Giovanni duca del Berry, figlio di Giovanni II il Buono re di Francia, avevano ritratto lo scorrere del tempo e dell’esistenza umana attraverso l’avvicendarsi dei dodici mesi dell’anno; e sullo sfondo di quasi ogni scena all’aperto campeggiava un castello della corona, così da formare con le altre scene un ciclo di possedimenti dal forte valore ideologico. Quasi duecento anni dopo, per un salone della villa di Artimino, il granduca Ferdinando I avrebbe commissionato al pittore fiammingo Giusto Utens non meno di diciassette lunette con le vedute di altrettanti siti medicei.
Va da sé che nel corso di tre secoli, fino al 1737, non tutte le ville dei Medici furono in funzione pienamente e contemporaneamente. Se alcune vennero man mano ad ampliare la serie in conseguenza di una nuova fondazione o di una nuova compera, altre, ma in quantità significativamente minore, furono alienate. La rete, a ogni modo, si mantenne così cospicua che i Lorena, succeduti ai Medici per buona parte del Sette e dell’Ottocento, si videro costretti a dismetterne non pochi membri. Dei quasi trenta antichi complessi medicei di campagna sopravvissuti fino a oggi, più della metà sono di proprietà privata, e solo quattordici sono stati scelti per comporre, nel 2013, il “sito seriale” riconosciuto dall’UNESCO all’interno del “patrimonio mondiale” o “dell’umanità”. Sono i luoghi, perlopiù di proprietà pubblica, e tutti di importanza primaria per la storia dell’architettura, dei giardini e del paesaggio, che vengono rappresentati, documentati e raccontati in questo portale della Regione Toscana. Al “sito seriale” partecipa anche il Giardino di Boboli, che in verità non può essere ben capito nella sua irripetibile fisionomia se lo si dissocia dall’immenso Palazzo Pitti, di cui è l’estensione all’aperto. Tuttavia le fabbriche medicee di città, non solo a Firenze, ma anche a Pisa, Siena, Livorno e Roma, costituiscono un capitolo ulteriore, da narrarsi in futuro, di una vicenda senza paragoni.
Francesco Caglioti